This story can be read in English and Italian (English below)
Marzia Filatrella nota intorno a lei un tipo di vita rarefatta, sollevata da stranezze e dolcezza. | Marzia Filatrella notices around her a sparser kind of life, relieved by oddity and sweetness.
Mi chiamo Marzia Filatrella, vivo a Milano da 15 anni e sono un architetto. Mi sono trasferita qui da Firenze dove ho studiato e iniziato la mia professione, ma sono nata vicino Napoli. Nonostante sia in questa città da tanti anni, la osservo sempre da estranea e in questi giorni mi colpisce molto.
La vita a Milano dal 21 febbraio si è gradualmente rarefatta, facendo molta fatica a lasciare I suoi ritmi per qualcosa che all’inizio sembrava non essere così drammatico come ci raccontavano. #milanononsiferma è stato l’hashtag subito messo in circolazione perché non volevamo proprio fermare il nostro lavoro, I nostri aperitivi, la nostra socialità in una primavera che si stava timidamente affacciando. Le informazioni sono state all’inizio molto ottimistiche, pochi contagi, solo gli anziani malati, I giovani sono immuni. Il giorno dopo anche gli anziani non malati e non si era più sicuri che I giovani fossero immuni. Inesorabilmente la discesa ha portato alla peggiore delle informazioni: nessuno è immune neanche I neonati e soprattutto anche chi non ha sintomi può contagiare gli altri. Tutte le nostre certezze sono saltate e così dopo 15 giorni è stato deciso di bloccare completamente il flusso di questa città e di tutta l’Italia.
In questa atmosfera sempre più rarefatta sono venute gradualmente allo scoperto tante storie individuali, che prima non vedevi perché si andava veloci e si guardava solo il proprio cellulare.
Photo by Marzia Filatrella
Oggi affacciandomi alle mie finestre ho visto due storie completamente diverse: mi sono affacciata dalla parte della strada pubblica e ho visto, come negli ultimi 11 giorni, una strada vuota e silenziosa e ad ora di pranzo il silenzio è stato rotto solo da un’ambulanza che ha portato via un anziano nell’edificio a 50 metri dal mio, aveva il respiratore e gli infermieri erano con la tuta e la mascherina. Nel pomeriggio affacciandomi invece dalla parte del cortile interno ho visto tutta un’altra scena: un uomo ha preso la sua bici ha messo il casco, poi lo hanno raggiunto I suoi due figli piccoli, anche loro con la loro bici ed il loro casco, e invece di uscire dal cancello principale ed andare in strada hanno girato a sinistra e hanno cominciato a fare dei giri attorno al loro palazzo sul vialetto condominiale. Ogni giro lo completano in due minuti al massimo, il palazzo è piccolo e il cortile è poco spazioso ma I bambini si divertivano comunque e anche il padre sembrava sollevato nel fare qualcosa che gli ricordava la quotidianità e la normalità di una vita che da quasi un mese ormai è segnata da questo virus.
Photo by Marzia Filatrella
In realtà cerchiamo tutti disperatamente qualcosa di normale ed anche piacevole in tutta questa ansia da virus: così per la prima volta noti che l’aria è molto pulita e senti gli uccellini cinguettare e fai caso al fatto che quest’anno la primavera è arrivata prima ed è insolitamente soleggiata e calda. Poi noti cose anche molto buffe nei comportamenti delle persone: la gente quando si incontra fa una strana danza in modo da non avvicinarsi troppo l’un all’altro e quei pochi che vogliono parlare tra di loro, lo fanno urlando e si mantengono a grande distanza.
Quando ti senti al telefono con qualcuno gli chiedi come va per sapere “veramente” come sta, se ha un po’ di raffreddore o qualche sintomo o conosce qualcuno che ne ha avuti. Che strano, prima era solo una formalità, ora è la parte della conversazione in cui si presta maggiore attenzione.
Questa storia è stata condivisa da Marzia Filatrella, un architetto originario di Napoli che vive e lavora a Milano.
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My name is Marzia Filatrella, I have been living in Milan for 15 years and I am an architect. I moved here from Florence where I studied and started my profession, but I was born near Naples.
Although I have been in this city for many years, I always look at it with stranger's eyes, and these days the city strikes me a lot. Life in Milan, since 21st February, has gradually thinned out, but it was very difficult for the city, to leave its rhythms, because of something that at first seemed not to be as dramatic as they told us. #milanononsiferma (#milandoesntstop) was the hashtag that immediately started to circulate online because we didn't really want to stop working, meeting for l'aperitivo, or limit our social lives, just as spring was shyly arriving in the city.
The information was very optimistic at first: few infections, “the only ones at risk are elderly people with other pathologies”; “young people are immune”. The next day, they told us that healthy elderly people were also very exposed and that they were no longer sure that young people were immune. Inexorably the turn of events led to the worst information: no one is immune, not even children and, more importantly, those who have no symptoms can also spread the virus. All our certainties were blown when 15 days later was decided to completely block the flow of the city and movements within the country.
In this increasingly rarefied atmosphere, many individual stories gradually came to the fore, stories we couldn't see before because we were going too fast, too busy with our mobile phones.
'#milanononsiferma was the hashtag that immediately started to circulate online because we didn't really want to stop working, meeting for l'aperitivo, or limit our social lives, just as spring was shyly arriving in the city.'
Today when I looked out of my windows I witnessed two completely different stories: from the window overlooking the street, I saw an empty and silent scenario, disrupted at lunchtime by the sound of the siren of an ambulance that took an old man from the building 50 meters away from mine. He was wearing a respirator and the nurses were wearing masks and all sort of protections. In the afternoon, leaning out from the window overlooking the inner courtyard, I saw a completely different scene: a man took his bike from the garage and put his helmet on, followed by his two children with their bikes. Instead of going out from the main gate and cycling on the streets outside, they turned left and started making turns around their building on the private sidewalks of the block. The building is quite small, and the courtyard is not very spacious, but the children were having fun anyway and even the father seemed relieved to do something that reminded him of the normality of a routine that has been disrupted by the outbreak of the virus for almost a month now.
'We are all desperately looking for something normal and pleasant in these days dictated by anxiety.'
In fact, we are all desperately looking for something normal and pleasant in these days dictated by anxiety: this need for positivity leads you to notice that the air is cleaner than ever in Milan, that you can hear the birds chirping and that this year spring has come earlier and that it is unusually sunny and warm. If you pay attention, you can also notice very amusing aspects of people's behaviour in the streets. For instance, when people meet they tend to do what seems to be a strange dance performed in order to not get too close to each other, and those few who want to chat have to scream and keep a great distance.
When calling people over the phone, now you ask them “how are you?” to really know how they are. Before it was just a formality, now it's the part of the conversation you pay more attention to.
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