This story can be read in English and Italian (English below)
Dalla finestra della mia camera, sporgo timidamente il mio volto bianco, sbattuto e provato, per catturare un raggio di sole. Vedo persone passeggiare, qualcuno in bicicletta, autobus vuoti attraversare la carreggiata ed infine mia madre rincasare con il mio cane dopo una breve uscita. È Martedì 18 Marzo, il mio paese, l’Italia, è stato terribilmente colpito da un’epidemia.
Passando da una stanza all’altra della mia casa mi sembra di sentire una sirena passare e così rallento il passo per concentrarmi, e capire se sta passando veramente o se, ancora una volta, è solo la mia immaginazione.
Ho caldo, mi tolgo la felpa verde e penso se prendere un uncinetto con un filo di lana per scaricare la tensione.
Non prendo né l’uncinetto né il filo, vorrei avere la forza di concentrarmi su qualcosa ma continuo a fissare la casetta gialla dell’elettricità di fronte a casa mia.
Mentre pulisco la scrivania dai fazzoletti usati, sento un bambino gridare dal suo giardino <è pronto papà! > e dopo pochi attimi, vengo attirata dal rumore di fogliame alla sinistra della casetta gialla. Mi affaccio, e vedo un gruppo di foglie secche muoversi, probabilmente si tratta di un uccellino in cerca di cibo, ma io mi immagino sia la natura a dimenarsi nervosamente. Come se quelle foglie fossero i polmoni del nostro pianeta e stessero chiedendo un aiuto. In tutta la loro sofferenza, sotto il sole delle 13, davanti ai miei occhi, gli unici a guardarli.
Photo by Ilenia Ghità
In questi giorni di quarantena, la mia stanza è terribilmente piccola. Sento il bisogno di aprire la finestra ogni ora e di affacciarmi sperando di vedere qualcuno passare. Mi chiedo perché esistano le tende della mia camera, perché esistano i mobili moderni, perché abbiamo creato tutta questa sofisticheria inutile. Cosa sono i soldi, perché abbiamo sempre bisogno di qualcosa in cambio e qual è la nostra missione qui. Non è forse tutto inutile ciò che ci siamo inventati? è forse un modo bizzarro di passarci il tempo durante la vita?
Piango, e poi osservo i miei pensieri e li lascio passare.
Un’altra sirena, sospiro.
Chiudo gli occhi e mi immagino mia nonna, dietro alla sua imponente mascherina, chiedere all’infermiera di turno la data di oggi, e sospirare amareggiata pensando di non poter cucinare la torta margherita al nonno.
I giorni, da quando li hanno portati all’ospedale sono passati in modo lento e confuso, lasciando amarezza e disordine nel mio cervello.
Mio nonno non sa che oggi è il suo ottantacinquesimo compleanno. Oggi per lui è semplicemente uguale a ieri e ai giorni precedenti. Giornate scandite dall’arrivo dei medici e dei pasti da consumare in fretta per rimettere l’ossigeno.
Alzo gli occhi dallo schermo per guardare una foto appesa al muro che li ritrae giovani. Spero che sentano che sto pensando a loro.
Questa storia è stata condivisa da Ilenia Ghità, una designer che vive a Modena, Italia.
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From my bedroom window, I shyly lean my tired face out to catch a ray of sunshine. I see people walking, someone on a bicycle, empty buses crossing the road and finally my mother coming home with my dog after a short walk. It's Tuesday 18th March, my country, Italy, has been terribly affected by an epidemic.
Passing from one room to another I seem to hear the siren of an ambulance passing by, so I slow down my pace to concentrate and try to understand whether it is really passing or if, once again, it is just my imagination.
I'm warm, I take off my green sweater. I could knit for a while to relieve the tension. I don’t. I wish I had the strength to concentrate on something, but I keep staring at the yellow electricity substation in front of my window.
'I look out, and I see a group of dried leaves moving, probably a little bird in search of food, but I imagine that nature is nervously wriggling. As if those leaves were the lungs of our planet earth and they were asking for help.'
While I'm cleaning the desk of used tissues, I hear a child screaming from his garden, "it's ready daddy!" and after a few moments, I am attracted by the sound of foliage on the meadow. I look out, and I see a group of dried leaves moving, probably a little bird in search of food, but I imagine that nature is nervously wriggling. As if those leaves were the lungs of our planet and they were asking for help. In all their suffering, under the 1-o'clock sun, in front of my eyes, the only ones watching them.
In these days of quarantine, my room is terribly small. I feel the need to open the window every hour and look out hoping to see someone passing by. I wonder why the curtains in my room exist, why modern furniture exists, why we created all this useless stuff. What is money, why do we always need something in return and what is our mission here? Aren’t they useless, most of the things we have invented? Isn't it a bizarre way of spending time during our existence?
I cry, and then I observe my thoughts moving about in the room. I let them pass.
Another ambulance siren, I sigh.
I close my eyes and imagine my grandmother, behind her imposing mask, asking the nurse on duty for today's date, and sighing bitterly thinking she can't bake her husband a birthday cake.
The days since they took them to the hospital have passed slowly and confusedly, leaving bitterness and disorder in my mind.
'My grandfather does not know that today is his 85th birthday. Today is simply the same for him as yesterday and the days before.'
My grandfather does not know that today is his 85th birthday. Today is simply the same for him as yesterday and the days before. Days marked by the arrival of doctors and meals to be eaten quickly, to get the oxygen back in.
I raise my eyes from the screen to look at a picture of them when they were young. I hope they can sense I'm thinking about them.
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